Cenni Storici

Ultima modifica 26 novembre 2018

Foto di Adriano Carafoli - soggetta a copyright

La storia della Città di Melegnano attraverso le note di G. Donati Berlinzani.

Dalle origini sino al 1000 Si fa risalire al tempo in cui i Galli Boi invasero la valle padana un primo insediamento nel nostro territorio di un sottogruppo di essi, che presero il nome di Ambroni da cui deriva il nome del fiume Lambro, presso il quale si stanziarono.

Siamo intorno al '300 a.C. e restano reperti importanti, come tombe galliche, vasellame e oggetti vari in metallo, rinvenuti nel 1881 lungo la strada che da Mezzano porta a Vettabiolo, che ne fanno inconfutabile testimonianza.

I Romani giunsero qui verso il 220 a.C. e per secoli i nostri predecessori hanno cercato risposte al dilemma del nome della nostra città: MELEGNANO O MARIGNANO.

Tutte le varie ipotesi formulate, arricchite di leggende curiose e interessanti, non trovano riscontri e fondamenti storici.

Dobbiamo arrivare al 333 d.C. per trovare un primo indizio del nome della nostra città. Esso si riferisce a una stazione romana per il cambio dei cavalli tra MILANO e PIACENZA. L'indicazione è inserita in quell' "itinerarium Burdigalense" stilato da un pellegrino diretto ai luoghi santi, in cui si trova la nota "mutatio ad IX" (stazione per il cambio al nono miglio) che è chiaramente riferibile al territorio di Melegnano.

Per ritrovare un altro chiaro riferimento alla nostra città bisogna arrivare all'anno 830 in cui, su un documento giuridico, compare la testimonianza di un tale Madelbertus da Meloniano. Per alcuni studiosi, e per analogie con nomi di altri luoghi della zona (Sesto Ulteriano da Sextus ultra ianuas e Occhiò da Octavus), Meloniano è il nome romano derivato da quel milium nonum del secolo IV tratto dall'"itinerarium".

 Dalla toponomastica alcuni altri ricercatori fanno risalire a Marinianus il nome, derivandolo dal nome di famiglia dei Marinius, cosi come Carpiano da Carpius, Calvenzano da Calventius, Sarmazzano da Sarmatius, Pedriano da Petreius, Balbiano da Balbus. I Romani lasciano nel nostro territorio segni inequivocabili della loro presenza, come la divisione dei terreni dell'agro pubblico col metodo della centuriazione, le iscrizioni e gli itinerari, le strade, l'organizzazione umana e sociale: scompaiono i villaggi preromani e si formano le cascine.

Del periodo delle invasioni barbariche troviamo il riferimento all'uccisione di Severino Boezio da parte di Teodorico, uccisione che si da' presumibilmente avvenuta in "loco Calventiano" dove ora sorge la Basilica di S. Maria Assunta di Calvenzano. Dopo la parentesi della dominazione longobarda, la battaglia di Melegnano del 590 siglo' l'avvento dei Franchi, che costruirono un regno solido e ben organizzato.

In questo periodo l'economia locale era principalmente basata sull'agricoltura e la Bassa milanese e' segnalata per la fertilità dei campi. Attorno a Milano esisteva un tipico ordinamento longobardo, per cui i signori, di stirpe militare, erano i proprietari ma non lavoravano direttamente i loro fondi, divenuti quasi accampamenti militari.

Il Lambro e la Vettabia erano vie importanti per il trasporto fluviale di merci verso Milano. Nei secoli VIII e IX d.C. Melegnano è incorporata nella contea franca di Milano che fu uno dei feudi più grandi e più importanti d'Italia. Il feudo di Milano era feudo ecclesiastico, tenuto da membri del clero, vassalli dell'imperatore. In questo intreccio di legami Melegnano fu affidata a un capitaneo, o capo di pieve, che divenne capo dell'amministrazione. Dal sec. X, col nome di pieve, si intese una parte di regione formata da villaggi, paesetti e borgate e tale denominazione si mantenne per parecchi secoli.

Intanto le campagne si andavano coprendo di castelli costruiti da abati, vescovi, signori feudali, ricchi proprietari terrieri, aiutati dalle popolazioni locali a cui il castello poteva, all'occorrenza, dare rifugio. Sembra che sia di questo periodo e contesto storico la costruzione di un castello a Melegnano, sorto dove ora sorge il cimitero comunale sulla vecchia strada Cerca. Attorno alla chiesa di San Giovanni si viene formando un centro storico comprendente anche molte cascine (fino a qualche decennio fa se ne contavano 15). La forma e' quella della "curtis" padronale e il padrone o l'amministratore dipendevano da un proprietario più ricco che era vescovo, conte o signore laico.

Del periodo barbarico restano principalmente segni riferibili alla dominazione longobarda, certamente, fra le tante, quella più accettata e penetrata nel tessuto sociale. Tra queste testimonianze segnaliamo in particolare un frammento di scultura murato nella Chiesa di Calvenzano, nomi di persona di origine longobarda contenuti in documenti locali di quei tempi (Arialdo, Teufredo, ad esempio), la navigazione del Lambro e della Vettabia, la viabilità attiva che passava sulla via Emilia, un frammento di una Crocifissione conservata nella Chiesa di Vizzolo. Il Medioevo, i Comuni e il Rinascimento Quando comparve sulla scena politica Federico Barbarossa, Melegnano è di nuovo al centro di altre vicende belliche.

La ritroviamo, infatti, implicata nel teatro di guerra o come via di passaggio nelle lotte che il Barbarossa ingaggiò nell'Alta Italia contro i Comuni. Con la battaglia di Legnano le città lombarde riconquistarono la loro indipendenza e, col trattato di pace tra Milano e Lodi Melegnano fu ceduta dai Lodigiani ai Milanesi. Da questo momento, pur fra alterne e complesse vicende, le sorti politiche di Melegnano saranno strettamente legate a quelle di Milano. Federico II riprese le guerre coi Comuni e in una di queste sue sortite, passato il Lambro, distrusse Melegnano, Landriano e Bascapè.

Ma i Milanesi allagarono campi e prati e l'imperatore, impantanatosi negli acquitrini che si erano formati, frenato nell'avanzata e in difficoltà, fu costretto alla ritirata. Nel periodo comunale Melegnano è già un paese con un nucleo centrale e cascine agricole nei dintorni. Molti melegnanesi sono investiti di cariche e responsabilità pubbliche. Essi possono contare sui conventi di Milano, Lodi, Pavia e Crema che accolgono giovani aspiranti alla vita monastica o culturale, consentendo anche a molti di loro di prepararsi alla vita pubblica e civile.

Melegnano veniva cosi a inserirsi, anche per questa sua centralità logistica, nei vivaci rapporti di vita culturale ed economica che si intrecciavano tra queste città. Nelle lotte tra le famiglie milanesi dei Torriani e dei Visconti per la supremazia in Milano, troviamo di nuovo implicata la nostra città. Quando i Torriani furono sconfitti dai Visconti, parecchie terre situate lungo il Lambro furono acquistate dalla famiglia Brivio. Da questo momento si può annotare che Melegnano riprodurrà in piccolo ogni forma di dominio visconteo, sia in campo politico che in quello amministrativo, economico, sociale, religioso ed artistico.

E questo trova una sua giustificazione proprio per la gran parte che ebbe Melegnano nella storia dei Visconti. Con la divisione di Milano e del suo contado tra i fratelli Galeazzo e Bernabo' Visconti, il castello di Melegnano tocco' a Bernabo'. Lo scrittore Paolo Giovio riporta che Bernabo', Signore di Milano, "edifico' sulle rive del fiume Lambro nella terra di Maregnano una grandissima casa simile a una rocca con ponte". Bernabò fece costruire anche la strada Pandina che conduceva da Melegnano alle sue riserve di caccia.

La vita di Bernabò Visconti e la sua frequente permanenza a Melegnano furono motivo di leggende, novelle e racconti che ancora oggi si tramandano. La novella della scomunica è certo la più nota. In essa si narra che Bernabò costrinse i due ambasciatori del Papa, latori della scomunica, a mangiare pezzo per pezzo la bolla fatta di pelle di animale, minacciandoli, altrimenti, di far loro bere l'acqua del Lambro in cui li avrebbe gettati. Il castello ha sempre rappresentato un polo strategico per il controllo che riusciva ad esercitare nel Sud Milano.

Esso costituiva un alloggiamento di armati e persone che regolavano l'amministrazione economica e fiscale del territorio. In modo particolare l'attività agricola e commerciale e i mercati settimanali assicuravano entrate sicure e continue nelle casse del ducato milanese. Il successore di Bernabò Gian Galeazzo, suo nipote e genero, divenuto duca di Milano, ebbe un riconoscimento ufficiale del potere su tutta la Lombardia con l'incoronazione in Sant'Ambrogio nel 1395.

Da allora sullo stemma ducale comparve l'aquila imperiale. Sono di questo periodo casi di peste a Monza e a Milano. Gian Galeazzo si rintanò nel castello di Melegnano dove tuttavia fu colpito dalla malattia e mori' nel 1402. Anche di questo la leggenda si impadronì. Si narra che un diavolo in quella notte, entrato in Castello, attese la sua preda, mentre dal cielo si riversava sull'abitato un diluvio di acqua e fulmini. Dopo la morte di Gian Galeazzo, Melegnano fu al centro di lunghe contese per il suo possesso tra il successore Giovanni Maria e il Signore di Lodi Giovanni Vignati.

Alla fine il castello ritorno' ai Visconti. In un decreto del 1412 Melegnano, ad opera di Filippo Maria Visconti, ebbe una prima forma di autonomia, con l'assegnazione di un capitano con funzioni vicarie del Duce per l'amministrazione e per il tribunale. Nella città sorgeva il Palazzo Visconti che e' l'edificio situato nell'attuale Piazza Garibaldi al numero civico 10. Alla sommità di una cappella della Chiesa del Carmine stava incisa l'arma dei Visconti. Sui resti dell'antico ponte di Milano fino al 1745 vi era lo stemma visconteo che compare anche dipinto sull'entrata del Castellazzo, ora Casa di Riposo. Solidi e intensi furono i rapporti tra Filippo Maria e i Melegnanesi.

Alla sua morte nasceva l'Aurea Repubblica Ambrosiana con un vicario e i 12 di Provvisione, un Consiglio di 24 Capitani, l'Assemblea dei Cittadini e il Consiglio Generale dei Novecento Melegnano seguì le sorti della stessa. L'avvento di Francesco Sforza, a cui l'Aurea Repubblica Ambrosiana aveva affidato il supremo comando militare, portò un periodo di instabilità politica. Melegnano, occupata dalle truppe dell'A.R.A. fu ripresa da Francesco Sforza, dopo un assedio, narrato da un cronista del tempo, che durò sei giorni. In questa occasione furono abbattute due torri del castello e i muri di congiunzione. Il castello, dopo tre giorni di trattative, fu assegnato allo Sforza che l'anno successivo, entrato a Milano, ne divenne duca, seppellendo le ceneri della Repubblica.

Come si è visto il Castello di Melegnano rappresentava una solida fortezza e un passaggio obbligato per Milano e , pertanto, rivestiva una grossa importanza strategico-politica. Alla sua custodia era preposto un castellano, scelto fra i militari, il quale riceveva una paga mensile e aveva come compito di provvedere alle munizioni e all' approvigionamento dei magazzini che dovevano essere sempre pronti a reggere, fino a un anno, un eventuale assedio. Nel 1512 il castello fu consegnato a Francesco Brivio con la carica di capitano e vicario ducale. In questo periodo Melegnano, a seguito della calata dei Francesi in Italia, fu teatro della grande ed epica" battaglia dei Giganti" o di Marignano, avvenuta nel 1515,combattuta fra mercenari di Francesco I e l'esercito dei Cantoni svizzeri alleati degli Asburgo, per la supremazia del dominio francese in Italia.

La battaglia rimase leggendaria e la sua fama si sparse per l'Europa. Essa, infatti, porto' decisive conseguenze e radicali cambiamenti nelle questioni internazionali, nazionali e locali. Massimiliano Sforza cedette il ducato di Milano a Francesco I e cosi il Milanese tornava ai Francesi. I 13 Cantoni svizzeri conclusero la Pace perpetua con la Francia e si impegnarono da quel momento in una politica di neutralità. Con Carlo re di Spagna venne firmato un trattato per cui i Francesi tennero il Milanese e gli Spagnoli il Napoletano. Anche la leggenda si impadronì della battaglia di Marignano. Il poeta Gian Alberto Bossi narrava come i pulcini prima della battaglia avessero cantato come galli per cinque interi giorni. Molti artisti si ispirarono a questo avvenimento bellico: nella sala delle armi del Museo Nazionale di Zurigo vi e' un affresco di Fernand MODLER che riproduce la ritirata; sulla tomba di Francesco I a Saint Denis è scolpita la battaglia; esiste una moneta coniata da Francesco I con la scritta "Primus domitor Helvetiorum"; a Versailles vi è un quadro del pittore Jean Honore' Fragonard (1806), raffigurante la battaglia.

Alla periferia di San Giuliano Milanese vi è ora, purtroppo in pessime condizioni, un monumento denominato "La Vittoria", eretto da Francesco I dopo la battaglia e infine, a Zivido, vi è l'Ossario che raccoglie le ossa dei numerosi caduti. Molte poi sono le tradizioni popolari nate dall'avvenimento. La cappella a ridosso della Chiesa di Mezzano, dedicata a S. Maria della Neve, contiene delle ossa e il popolo vi attribuisce il potere di fare miracoli. Ma la "battaglia dei Giganti" non segno' un periodo di pace. Nella lunga guerra che seguì e che si accese tra Francesi e Spagnoli, Melegnano si trovò nuovamente coinvolta. Il 1 marzo 1532, dopo alterne vicende politiche e militari il duca Francesco Sforza II nominò Gian Giacomo Medici, capitano e condottiero del ducato di Milano, Marchese di Melegnano.

Il castello, che apparteneva ai Brivio, fu consegnato al Medici con regolare contratto, che lo stesso Carlo V approvo' con suo decreto. Melegnano si trasformò, pertanto, in Marchesato sotto Casa Medici e a tale casata il castello appartenne fino al 1981, anno in cui fu venduto alla Provincia ed al Comune di Melegnano. Il fratello del primo Marchese di Melegnano venne eletto Papa col nome di Pio IV e fu a lui che si deve la concessione alla nostra comunità della Bolla con l'indulgenza del Perdono, avvenuta il 20 Gennaio 1563. Dalla festa religiosa nacque la Fiera del Perdono che nel tempo aumentò la sua durata, passando dall'iniziale giorno e mezzo a una settimana e via via fino ai tre mesi di oggi. Nel periodo Visconteo-Sforzesco fu aperta la nuova strada Pandina che da Melegnano portava a Villa Pompeiana.

Fiorirono i monasteri di Calvenzano, Viboldone e Chiaravalle e, pare, Legorina e Sarmazzano. Il monastero dei Carmelitani al Carmine fu fondato verso il 1300 ed ebbe in dotazione molte pertiche di terra. In detto periodo per la prima volta si ha notizia della Rocca Brivio, di Colturano e Vizzolo. "La belle et bonne terre" viene definita la nostra terra dal cronista francese Pasquier le Moyne che aveva osservato le vigne fertili, le campagne coltivate a frumento e frutta. E del Lambro (tempi beati ) lo storico Giorgio Merula scrive: "aquarum perpetua claritate nitens copiaque piscium optimorum abundans".

L'impulso principale all'agricoltura pare sia venuto dai numerosi ordini monastici: i Cluniacensi si insediarono nell' Abbazia di Calvenzano nel 1093, a Chiaravalle i Cistercensi nel 1135, a Viboldone gli Umiliati nel 1176, a Carpiano i Certosini nel XII secolo, a Melegnano i Carmelitani nel 1393. La forma chiusa delle cascine, derivata originariamente dalla casa romana, fu adottata come forma dai monaci per costruire i loro monasteri. Il Mercato Non conosciamo la data di fondazione, certo molto lontana nel tempo, del " mercato del Giovedì", tuttora attivo. Ma già nel 1343 era fatto obbligo al castellano di prestare aiuto, consiglio e favore ai venditori e non si doveva imporre pedaggio del ponte sul Lambro nel giorno di mercato, come viene attestato da una concessione di Giovanni Visconti.

Nel 1412 compare una prima menzione storica dell'esistenza del mercato del Giovedì; in una disposizione governativa viscontea si emana un decreto perché il responsabile del dazio di Melegnano abbia la facoltà di agire contro gli evasori in giorno feriale e giuridico "purchè non sia giorno di mercato". Nel 1441 Filippo Maria Visconti riconferma il mercato del giovedì. Infine nel 1442 si trova un riferimento chiaro: "In Melegnani terra pubblicum mercatum singulo die Jovis". Nel 1555 e nel 1556 Filippo II re d'Italia riconferma a Gian Giacomo Medici Marchese di Melegnano la facoltà di esercitare il mercato al giovedì.

Infine nel 1715 il Governo austriaco conferma le concessioni dei privilegi per il mercato del giovedì a Carlo Antonio Medici. Intanto, nel tempo, Melegnano da "vicus" diventa "oppidum" e poi "borgo" con mura perimetrali di difesa. Il Castello, il Mercato e il Ponte del Lambro, con l'obbligo di pedaggio, sono i tre elementi base che conferiscono a Melegnano importanza economica, finanziaria e logistica. Il Dominio spagnolo Dalla metà del 1500 fino a tutto il 1600 la Lombardia fu assoggettata completamente alla Spagna. Nel 1608, dopo anni di diatribe fra i notabili melegnanesi per la conduzione politica e amministrativa della città, si giunse, per opera del magistrato Luigi Melzi, delegato di Filippo III, a emanare una nuova Costituzione.

Essa conteneva 15 articoli e fu votata da 124 capifamiglia melegnanesi su 186 famiglie. Tale costituzione assicuro' per un certo periodo un po' di tranquillità nell'amministrazione e rese più chiari i rapporti tra autorità centrale e periferica. Nel 1576 Melegnano fu colpita dalla peste e il Tribunale della sanità di Milano fece costruire un lazzaretto nella zona della Madonnina di Sarmazzano. Vi fu una seconda ondata di peste, nel 1630, causata dalle invasioni dei Lanzichenecchi e questa volta fu l'Ospedale dei Pellegrini, accanto alla Chiesa di San Pietro, che accolse i colpiti dal morbo. In quelle occasioni i melegnanesi fecero voto di speciali riti religiosi.

Il Comune ordinò dieci quadri raffiguranti la vita di San Giovanni Battista, quadri che venivano esposti sotto le arcate della Chiesa. Oggi sono in parte nella Chiesa di S. Giovanni e in parte in quella di San Pietro. Fra i riti legati a queste vicende occorre ricordare che la IV Domenica di Agosto si celebra la festa commemorativa del voto del 1630. In Chiesa si brucia un globo di bambagia e l'officiante recita: "Sic transit gloria mundi". Nel 1656 i Francesi attaccarono in forze Melegnano. Chi poté si salvò in Castello, altri fuggirono nei campi e trovarono rifugio nelle cascine più lontane. I Francesi saccheggiarono il paese, rubarono e incendiarono.

L'economia melegnanese in questo periodo, mentre registrava altrove uno stato grave di crisi, non ebbe grosse flessioni. Fu dato impulso al" mercato del Giovedì", concedendo ai venditori esenzioni e liberandoli da onerose costrizioni. Con l'avvento di San Carlo Borromeo, Melegnano cesso' di appartenere alla pieve si San Giuliano e divenne sede di pieve autonoma, comprendente fra l'altro Mezzano e Pedriano. Nel 1666 fu posta la prima pietra della nuova Chiesa di San Pietro, poi consacrata nel 1672. Con il governo spagnolo i Marchesi Medici ebbero buoni rapporti, preferendo essi adattarsi alla nuova realtà. Buoni furono pure i rapporti tra i discendenti dell'antica famiglia milanese dei Visconti e i Marchesi stessi.

Il Dominio austriaco Quando, con la pace di Utrecht, Milano tocco' all'Austria, Melegnano ne seguì la sorte, accogliendo l'avvenimento come una liberazione. Il fiscalismo opprimente della Spagna aveva provocato difficoltà nei bilanci comunali, i redditi erano bassi, alta la percentuale degli analfabeti. Solo i Medici e gli Istituti religiosi possedevano una relativa ricchezza. Gli agricoltori e i fittavoli di Melegnano, colpiti pesantemente dalle tasse, non erano nel novero dei benestanti.

Da un rapporto stilato da una apposita commissione di melegnanesi nel 1718 si rileva che il Comune aveva un deficit di 1.578,99 lire ed era, inoltre, gravato da un debito di 87.723 lire. In un formale ricorso presentato a Carlo VI, Re d'Austria e Signore di Milano, si elencano i vari problemi della città: le piene devastatrici del Lambro, le soste e i passaggi delle truppe e il loro relativo mantenimento, famiglie che emigravano altrove (1700 in tutto i residenti) la necessita' di aggregare le terre vicine, che avevano goduto dei benefici dei servizi senza alcun carico (problema ancora di attualità).

Il governatore intervenne solo in parte e il bilancio non fu risanato. Solo in seguito, con una politica di contenimento delle spese, con l'aumento del prezzo del pedaggio del Ponte sul Lambro, unita a una politica di ribellione tesa a negare il pagamento di tributi alla Chiesa e al Marchese, si raggiunse lo scopo. Si susseguirono altri avvenimenti bellici in cui la nostra città e' coinvolta. Si alternano in poco tempo, dopo la Spagna, gli Austriaci, i Piemontesi e, da ultimo, nuovamente l'Austria. Con l'avvento di Maria Teresa si ebbe un nuovo tipo di amministrazione che riportò Melegnano a far parte della pieve di San Giuliano, ma rese giustizia sociale, perequando le imposte.

E' di questo periodo la costruzione del primo cimitero fuori le mura e i lavori per la sistemazione del corso del Lambro. Si registrano anche gli smantellamenti più decisivi dei resti delle tre porte che davano l'accesso a Melegnano: il ponte di S. Angelo o Portone, il Ponte di Milano che chiudeva il paese, separando la zona detta contrada Carmine e la Porta del Lambro che era un complesso fortificato. L'avvento di Napoleone e il Risorgimento Il 1796 segnò l'arrivo di Napoleone a Milano e, dopo i primi momenti di euforico gaudio, questi attivo' l'ordine di consegnare soldi e argenti, il che valse anche per Melegnano, dove la somma che si dovette pagare fu di 11.400 lire più 20 chili d'argento.

Con l'avvento della seconda Repubblica Cisalpina, dopo 13 mesi di occupazione austro russa, Napoleone ordino' la soppressione di tutti gli Ordini religiosi. I quattro conventi di Melegnano, Francescani, Cappuccini, Orsoline e Servi di Maria, furono chiusi e spogliati di mobili e suppellettili. Migliore sorte ebbero le campane di San Giovanni. Fu il Prevosto Candia a salvarle dalla razzia francese con una abilissima mossa: accolse Napoleone con una solenne processione a cui partecipo' tutto il popolo melegnanese. Candia andò incontro al cocchio imperiale e rivolse alcune parole all'imperatore: non si seppe mai il contenuto della breve conversazione, ma il risultato fu che Napoleone se ne andò salutando e le campane rimasero al loro posto. Melegnano, dopo il Congresso di Vienna, venne inserita nel Distretto XII della Provincia di Milano con la denominazione di "Comune di Melegnano".

L'amministrazione imperiale austriaca fu retta e scrupolosa, sostenuta da uomini integri, imparziale nei confronti di tutti i sudditi, senza differenze tra austriaci e lombardi. L'amministrazione, rigorosa e pressante, si occupò di riorganizzare la vita della città, della campagna e perfino il clero fu coinvolto in vari modi, attraverso circolari dirette ai parroci, con le più svariate richieste di collaborazione. Non si riscontrano in questo periodo grosse novità nel settore urbanistico che vede l'abitato di Melegnano diviso in tre zone: Borgo San Rocco, Ponte di Milano e Borgo Lambro. Nella cascina operano i salariati fissi e i giornalieri, le colture sono a marcite e a riso. Da questo momento comincia l'ultima grande stagione agricola per Melegnano e contemporaneamente inizia anche per la città l'era industriale. Commercialmente il punto più forte è sempre il mercato del Giovedì, che il governo austriaco regolamenta, eliminando abusi e disordine.

Allo scoppio delle 5 giornate di Milano il generale austriaco Radetzky, nella marcia di ritiro, passò da Melegnano, ma, nonostante la mediazione del melegnanese Polli, che tentò di opporsi con la ragione alla violenza degli Austriaci, la città fu saccheggiata e bombardata. Chiusa la parentesi della I guerra risorgimentale del 1848 con la sconfitta di Carlo Alberto, l'Austria ritornò a Milano. Ritroviamo Melegnano al centro di operazioni belliche, subito dopo la battaglia di Magenta. L'8 Giugno 1859 gli Austriaci si scontrarono presso la nostra città con l'esercito franco-piemontese. Fu una battaglia breve, ma sanguinosa che i Francesi vinsero, ma a caro prezzo. Di essa ci ha lasciato una testimonianza Giacomo Frassi, melegnanese, testimone oculare.

Fra i melegnanesi che si distinsero nel Risorgimento italiano dobbiamo ricordare Giuseppe Dezza. Lo troviamo combattente nella prima guerra d'indipendenza nel 1848, poi con Nino Bixio nella Brigata dei Cacciatori delle Alpi. Nel 1859 Garibaldi gli affida il comando, durante la spedizione dei Mille, della divisione Volturno e, a Teano, conosce il re Vittorio Emanuele II. A 32 anni entra come ufficiale nell'esercito regolare. Fu al seguito del Re nel 1873 a Vienna e a Berlino e rimase accanto a lui fino al 1877. In seguito partecipo' alla vita politica come deputato di Codogno. Fu nominato senatore del Regno e collocato in riposo col grado di comandante di corpo d'armata. Oggi riposa nella cappella cimiteriale di famiglia in Melegnano.

La città gli ha dedicato una via e un busto che e' posto sotto il porticato del Palazzo comunale. Per ricordare Garibaldi, che era transitato per Melegnano, la città ha fissato nelle piazze e nelle vie alcune fra le più importanti vicende garibaldine e i nomi di alcuni suoi importanti seguaci P.zza Garibaldi, Via G. Dezza, Via N. Bixio, Via dei Mille e Via Volturno. Verso la fine del secolo si registra sul piano dei trasporti il raddoppio della ferrovia Milano-Piacenza e l'attraversamento della città da parte del tram della linea S. Angelo-Melegnano-Milano. Il Novecento Con l'amministrazione guidata dal Sindaco Codeleoncini, nei primi anni del Novecento, si trovo' soluzione all'annoso problema del funzionamento delle 5 classi elementari.

Nascono l'Asilo Sociale (la posa della prima pietra ebbe luogo il 18 giugno 1911), l'Asilo Trombini, il Ricovero dei vecchi, l'Ospedale Predabissi, la Società operaia ed il giornale "Il Corriere del Lambro". Sempre di questi anni è la nascita di associazioni di servizio sociale come la Società badilanti braccianti e affini, nota anche come Cassa di soccorso, l'Unione di mutuo soccorso fra le associazioni religiose, la Società contro l'accattonaggio e, infine, la Società 8 Giugno 859 che raccoglieva i reduci delle battaglie risorgimentali. La 1 guerra mondiale trovo' schierati i Melegnanesi attorno al Movimento dei Moderati, al Circolo popolare e al Movimento socialista. Sono di questi anni le battaglie politiche tra socialisti e cattolici nel Consiglio comunale.

Si andava intanto affermando, in modo via via più incisivo, la presenza della classe operaia nella vita amministrativa della città. La prima guerra mondiale vide i melegnanesi, nonostante le diverse posizioni ideologiche, uniti in iniziative di assistenza civile a favore dei profughi. E' di questo periodo la nascita del" mercato della Domenica", che ancora oggi mostra la sua grande rilevanza commerciale per la città e per tutto il circondario melegnanese, che in esso trova anche elementi di aggregazione. Dopo il 1918, terminata la guerra, risorgono le rivalità ideologiche con l'affermazione sempre più significativa del socialismo, cui si contrappose nel 1919 il Partito Popolare Italiano.

Un terzo movimento era quello dei laici moderati, non ancora ben organizzato, ma dal quale uscirono uomini di provata serietà amministrativa e di indiscussa onesta'. Dal 1920 al 1922 la prima amministrazione socialista porto' a compimento riforme e leggi sociali di primaria importanza, fin che si giunse allo scioglimento del Consiglio comunale nel Giugno del 1922. Comincia anche a Melegnano la lunga parentesi fascista. Nel 1924 si riaffaccia la questione dell'unificazione dei Comuni limitrofi, essendo Melegnano centro di servizi per tutto il circondario: mercato, servizio telefonico e telegrafico, ferrovia, banche, scuola, uffici amministrativi, Opera maternità e infanzia. In questi anni la situazione economica conosce ancora una forte occupazione agricola, ma, nel contempo, avanza in modo significativo l'industria melegnanese.

Del periodo fascista ricordiamo questi fatti: la riorganizzazione dei pubblici servizi, l'assistenza all'Opera maternità e infanzia, l'istituzione del consultorio pediatrico ed ostetrico, l'apertura del nido d'infanzia per i bambini delle mondariso, le colonie, la compilazione dell'elenco dei poveri per l'assistenza sanitaria gratuita, la mutua sanitaria comunale, la costruzione di case popolari, due lavatoi pubblici, e un Consorzio con 22 Comuni limitrofi. Durante la II guerra mondiale anche i cittadini melegnanesi pagarono un loro pesante contributo di sangue.

La condiscendenza della comunità melegnanese nel periodo fascista pare più di facciata che sostanziale. In realtà la gran parte dei cittadini di Melegnano non abbandonò la vocazione alla libertà, vocazione che si manifesto' palesemente dopo l'8 Settembre 1943 e che sfocia in una ribellione attiva. Si può dire che la Resistenza che nasce affonda le sue radici in una ancora più lontanta vocazione popolare alle lotte sindacali, di matrice socialista, alle lotte dei fuorusciti italiani nella guerra di Spagna, alla ribellione alla dittatura fascista.

Dopo l'armistizio dell'8 Settembre, nella lotta cospirativa, si distinsero melegnanesi appartenenti a diversi gruppi politici: sarebbe assai lungo l'elenco di quelli che hanno partecipato alla Resistenza nella nostra città. La coralità e la determinazione che hanno caratterizzato le lotte della Resistenza non possono essere scalfite in nessun modo dalle divergenze politiche ed ideologiche che si manifestarono dopo la liberazione. Tutto sommato da queste divergenze, portate avanti nel rispetto reciproco, e' nata la democrazia che attinge in parte la sua linfa vitale dalla dialettica che da tali contrasti si sviluppa e che, comunque, nasce dal desiderio di concorrere al bene della città.

Di questo secondo dopoguerra ci pare doveroso ricordare Gaetano Meda Sindaco di Melegnano insediato dal Comitato di Liberazione Nazionale nel 1945. Oggi, se guardiamo la nostra città, vediamo che si tratta di una città viva, attiva ed efficiente nei settori della vita sociale, culturale ed economica. Importante in particolare lo sviluppo nei settori del commercio e dell'artigianato.

Notevole il rinnovamento del centro urbano, la crescita di nuovi quartieri residenziali, il potenziamento dei servizi. Sono nate varie associazioni sociali, culturali e sportive.


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